Domenica, 30 Dicembre 2018 15:17

Vendita diretta, si cambia

La manovra in approvazione in Parlamento rivoluziona la vendita diretta per le aziende agricole: un emendamento voluto dal sottosegretario al ministero delle Politiche agricole Franco Manzato consentirà alle aziende agricole di vendere, in forma non prevalente rispetto alla loro produzione, le produzioni di altre imprese di categorie agronomiche diverse dalle loro.
Tra i vari temi agricoli, questa è un'assoluta novità per il comparto agroalimentare nazionale. Alle aziende che fanno vendita diretta si concede la possibilità di vendere prodotti anche di altri imprenditori agricoli. Si genera così un circolo virtuoso che mette in rete le realtà italiane di settore distribuite sul territorio e spesso isolate nella produzione come nella vendita dei prodotti.
Il risultato sarà una possibilità di distribuzione incrociata delle produzioni agricole tra le aziende agricole. Da un lato un aumento del reddito e dell'occupazione, dall'altro una diminuzione dei costi dei prodotti a favore dei consumatori. E, di conseguenza, una crescita dei consumi interni. Secondo le stime del governo, in una prima fase, potrebbero essere coinvolte fino a 300mila aziende agricole italiane.

«In Veneto – commenta il presidente di CIA Agricoltori Italiani Veneto Gianmichele Passarini – la misura interessa quasi 19.000 aziende agricole su 70.000. Si tratta di una modifica in base alla quale gli imprenditori agricoli possono vendere non solo prodotti propri ma anche prodotti agricoli e alimentari acquistati direttamente da altri imprenditori agricoli. Il vincolo è che tali prodotti non debbano appartenere alla stessa categoria merceologica dei prodotti propri e l'attività di vendita non deve essere prevalente rispetto a quella dei prodotti propri. È un cambiamento positivo: vuol dire valorizzare il prodotto ma di fatto mettere in rete, a livello locale e nazionale, le aziende agricole, che diventano dei piccoli negozi».

«Ringraziando il sottosegretario Manzato, ci auguriamo – conclude Passarini – che questo sia solo il primo segnale di attenzione per il settore dell’agricoltura, che ha molte questioni aperte sul tappeto: l’attacco delle produzioni estere su frutta e verdura, le politiche della grande distribuzione, i prezzi troppo bassi dei cereali».

 

CIA - Agricoltori Italiani di Treviso ha promosso un tavolo di confronto con altri paesi: a Treviso sono arrivate le esperienze di altissimo livello di Francia, Portogallo e Stati Uniti.
La tavola rotonda organizzata da Cia Treviso «Sostenibilità in viticoltura: esperienze estere a confronto» che si è tenuta al Centro Congressi BHR di Quinto di Treviso, si è conclusa con una grande partecipazione di pubblico, con il prezioso contributo per i produttori trevigiani e veneti di quattro esperienze estere, quattro progetti diversi per dare risposta ad una esigenza comune. Ancora una volta la conferma per CIA Treviso di aver imboccato la strada giusta per un processo di innovazione in termini di sostenibilità nel settore viticolo.
«La sostenibilità è uno dei temi chiave del nostro impegno e ci crediamo moltissimo – spiega Giuseppe Facchin, presidente CIA Treviso -. Ora con questa tavola rotonda abbiamo aperto una finestra sul mondo, siamo usciti dai nostri confini perché vogliamo conoscere cosa fanno all’estero, paesi come Francia, Portogallo e Stati Uniti che hanno intrapreso il percorso della sostenibilità molto prima di noi. Analizzando le esperienze che abbiamo ascoltato oggi qui a Treviso e quelle che stiamo raccogliendo sul nostro territorio, ci stiamo rendendo conto ogni giorno di più come sostenibilità sia la giusta sintesi tra valori, tecnica e business.
Ognuno dei quattro relatori ha portato la propria esperienza, la propria storia di viticoltura sostenibile.

Pierre Naviaux, responsabile Progetto Ambiente, CIVC (Francia) punta sull’approccio collettivo, al contrario non si cresce. «Il tratto distintivo dell’approccio alla sostenibilità in Champagne è di coinvolgere tutta la filiera, tutti gli attori, dal più piccolo al più grande. La sostenibilità è stata pensata a livello regionale. La Champagne è una regione che ha un prodotto da valorizzare, lo champagne appunto, con 34 mila ettari (ha) di superficie vitata, 280 mila parcelle, appezzamenti piccoli coltivati da 15 mila viticoltori. Abbiamo piccole aziende e altre quotate in borsa e non vogliamo lasciare fuori nessuno dal percorso del sostenibile. Noi puntiamo ad un approccio collettivo e chi non ha i mezzi riceve comunque un aiuto. È un processo di miglioramento continuo. Abbiamo costituito un quaderno di riferimento, una vera e propria guida di sviluppo sostenibile in Champagne con numerosi punti che riguardano non solo i prodotti fitosanitari, ma anche la gestione dei reflui, la concezione ecologica degli edifici, tutti gli aspetti legati all’ambiente».
«In Francia - ci spiega Florence Gras - responsabile della formazione e consulente sostenibilità, gruppo ICV (Francia), la più grande struttura di consulenza vitivinicola al mondo - possiamo fissare una data. Nel 2007 sono stati creati gli “ingranaggi dell’ambiente” così chiamati perché hanno avviato ad una presa di coscienza della richiesta di sostenibilità da parte dei consumatori, molto interessati e consapevoli, tanto che mettono parecchia attenzione al tema nei loro acquisti, il vino in particolare, compresi i giovani. Il ruolo delle cooperative è fondamentale perché ogni cooperativa al di là di un luogo di produzione di vino vuol dire 200-300 famiglie che lavorano su una zona viticola omogenea ».

Dal consulente francese alla figura del biologo Nuno Oliveira, responsabile Ecosistema, Esporão S.A. che lavora in un’azienda di grandi dimensioni che si occupa di ecosistemi e che ci conferma l’interesse crescente anche in Portogallo per la sostenibilità.
«I produttori stanno prendendo coscienza che la sostenibilità è un aspetto importante nella viticoltura e che è uno degli elementi che interviene anche nella formazione del prezzo di una bottiglia di vino da mettere nel mercato. Inoltre l’azienda che rappresento ha colto l’opportunità di creare valore aggiunto attraverso la ricostituzione di ambienti e habitat naturali favorevoli sia al ritorno di predatori naturali dei parassiti della vite, sia alla valorizzazione turistica della propria area aziendale».
La forza della lunga esperienza sostenibile arriva anche dagli Stai Uniti.

Stephanie Bolton, Direttore Viticoltura Sostenibile, LWC (USA) rappresenta il LODI, una zona vitivinicola ai piedi della Sierra Nevada, dove si coltivano oltre 100 varietà di uva, la prima zona a dotarsi di regole di sostenibilità, le Lodi Rules, una storia di 30 anni. «Gli agricoltori della regione hanno formato una commissione nel 1991 che promuove ricerca e informazione e ogni cinque anni votano per rinnovare una tassa autoimposta che finanzia appunto la commissione, la stessa che nel ’92 ha lanciato un programma di base per la riduzione dei pesticidi utilizzati nei trattamenti a vantaggio di tutto l’ecosistema. Oggi abbiamo 4-5 generazioni di viticoltori che hanno deciso di abbracciare una viticoltura più responsabile. Il nostro approccio alla sostenibilità? Molti agricoltori in California lavorano in modo sostenibile senza essere certificati, ci chiedono di non partecipare a programmi di certificazione. Noi offriamo formazione gratuita per la sostenibilità andando anche nelle scuole. Il nostro processo di certificazione è rigoroso, volontario, si basa sulla scienza ed è accreditato da terze parti, oltre che autofinanziato dalle stesse aziende».
«Siamo stati lungimiranti, spiega Gianmichele Passarini, presidente CIA Veneto -, prima di altri abbiamo iniziato un’attività di informazione e consulenza alle aziende su questi temi. anche in rapporto alla società. Oggi è necessario dare ai nostri prodotti un valore aggiunto che vada oltre la qualità organolettica e che parli del nostro rapporto con l’ambiente e la società».

Giovedì, 29 Novembre 2018 18:42

Cia Veneto all’assemblea nazionale

Tra maltempo, calamità naturali, dissesto idrogeologico e fauna selvatica, non prevenire è già costato all’Italia oltre 20 miliardi di euro negli ultimi dieci anni. Ancora oggi, quasi 7.000 comuni e 150.000 imprese agricole sono esposti a rischi ambientali. L’incuria e la cementificazione senza regole continua a bruciare 14 ettari di terreno coltivabile al giorno e più di 6 milioni di cittadini risiedono in aree soggette a frane e alluvioni. Questi i dati allarmanti (vedi focus) che hanno spinto Cia-Agricoltori Italiani a lanciare un progetto di manutenzione infrastrutturale del territorio nazionale. Un vero e proprio Ordine del giorno in cinque mosse presentato in occasione dell’Assemblea nazionale, oggi a Roma all’Auditorium Conciliazione.
Quasi duemila imprenditori agricoli, provenienti da tutte le regioni italiane, si sono riuniti nella capitale per chiedere a gran voce l’attuazione di quello che il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino, ha definito un “atto storico”, ovvero un intervento straordinario di tutela, manutenzione e gestione sostenibile del Paese, recuperando gli enormi ritardi infrastrutturali e puntando sulla centralità dell’agricoltura. Obiettivo finale è la costruzione di un grande piano agro-industriale che potrebbe creare fino a 100 mila nuovi posti di lavoro generando Pil e ricchezza.
“La parola d’ordine deve essere prevenzione, non più emergenza -ha spiegato Scanavino- basta azioni spot nate a seguito dell’ultima tragedia. Nel nostro progetto, che vogliamo sottoporre da oggi a Istituzioni nazionali e locali, ci sono le linee guida per un reale cambio di marcia”. Si parte dall’immediata messa in sicurezza dei territori più a rischio e da un’attenta programmazione per il futuro, che deve partire dalle aree interne. Urgenti, poi, reali politiche di governance del territorio: dallo sviluppo di verde urbano e bioedilizia alla valorizzazione del presidio degli agricoltori, lavorando per contrastare il consumo di suolo, l’abbandono e lo spopolamento delle aree rurali e marginali, e salvaguardando il patrimonio boschivo. Occorre, quindi, favorire reti d’impresa territoriali, mettendo in sinergia agricoltura, commercio, logistica, turismo, enti locali e cittadini, in un’ottica di sistema integrato su misura. Inoltre, non è più rinviabile un nuovo e più efficace piano di intervento sulla questione fauna selvatica, che superi la normativa vigente, tanto più che danni e pericoli hanno assunto una dimensione insostenibile anche in termini di sicurezza nazionale. Infine, se ben orientate, le risorse della nuova Pac potrebbero concorrere al rilancio delle comunità e delle economie locali, mettendo assieme Fondi strutturali Ue, misure di sostegno, incentivi e programmi di infrastrutturazione del territorio.
“Questo è il contributo degli Agricoltori Italiani per il Paese che vogliamo -ha detto il presidente Cia in Assemblea-. Territorio, infrastrutture e innovazione sono i tre asset su cui investire risorse e costruire politiche di sviluppo, da subito, mettendo in rete governo, regioni, comuni ed enti locali, con le altre risorse socio-economiche dei territori -ha concluso Scanavino- e valorizzando il ruolo essenziale dell’agricoltura”.

“Una relazione - ha commentato il presidente do Cia Veneto Gianmichele Passarini, presente all’assemblea con una nutrita delegazione - che porta ad un livello ancora più alto il ruolo che l’agricoltura può e vuole avere nel nostro Paese. Noi, in Veneto, siamo pronti a fare la nostra parte”.

 

“Il Paese che vogliamo” è il titolo dell’assemblea regionale che CIA – Agricoltori Italiani Veneto ha tenuto venerdì 23 novembre a Mestre.
In vista dell’assemblea nazionale, in programma a Roma il 28 e 29 di questo mese, CIA Veneto ha approfittato della assise annuale per mettere attorno ad un tavolo agricoltori e istituzioni. A fare gli onori di casa il presidente regionale Gianmichele Passarini. Sono intervenuti il sottosegretario al Ministero delle politiche agricole Franco Manzato, la deputata Maria Cristina Caretta, gli assessori regionali Giuseppe Pan e Cristiano Corazzari, i consiglieri regionali Graziano Azzalin e Fabiano Barbisan, il prof. Vasco Boatto.

«C’è un’idea forse stereotipata dell’agricoltore – ha spiegato Passarini – dell’anziano con il trattore. Si tratta invece di un settore in continua evoluzione, votato al futuro e di primaria importanza per la vita quotidiana di tutti noi: agricoltura vuol dire cibi di qualità, vuol dire salvaguardia del territorio, vuol dire cura della biodiversità, vuol dire gestione delle risorse idriche».

Nella sua relazione, Passarini ha ricordato i passi avanti compiuti dall’Italia e dal Veneto in particolare nel campo della sostenibilità. Migliorano tutti gli indici sull’impatto ambientale: CO2 a -25%, pesticidi a -27% ed erbicidi -31%. Nella nostra regione la produzione di energia green è salita addirittura del +690% e le superfici dedicate alle coltivazioni biologiche del +56%.
«L’agricoltura – conferma Passarini pesa solo per il 6% sul totale delle emissioni prodotte che si riversano sull’ambiente; crescono le colture green e le energie rinnovabili mentre diminuisce drasticamente l’uso di chimica impattante. Ci sono però ancora molti passi da fare: serve ricerca, automazione e graduale diminuzione dell’uso di energie tradizionali non rinnovabili».

Dopo i danni provocati dal maltempo a fine ottobre (e per i quali CIA Veneto ha organizzato una raccolta fondi), il presidente ha insistito sulla necessità di salvaguardare il territorio.
L’8% del territorio nazionale è ad alto rischio idrogeologico. Il Veneto è la Regione, insieme alla Lombardia, che ha più fortemente compromesso il territorio. E gli ultimi eventi climatici che hanno raso al suolo intere foreste nel bellunese e nel vicentino hanno dimostrato la fragilità del nostro habitat. In un anno in Veneto vengono consumati 1.134 ettari con una percentuale di incremento pari allo 0,50% secondo i dati ISPRA. Un quinto degli ettari consumati in tutta Italia (5.211) nei dodici mesi si concentra in Veneto, che stacca la Lombardia con 603 ettari consumati. Sono dati preoccupanti e che devono far riflettere. Sono necessari interventi sistematici di manutenzione del territorio a partire dalle azioni di prevenzione dei disastri ambientali e per contrastare il consumo, il degrado e l’abbandono del suolo.
«Fino ora il problema del clima che cambia è stato affrontato con l’emergenza. Dobbiamo cambiare prospettiva, adattandoci ai cambiamenti climatici e mettendo in campo la pianificazione sia di tecniche che di strategie necessarie alla mitigazione dell’impatto degli eventi». Tra le soluzioni proposte, «un piano di invasi, anche di piccole dimensioni, anche ad uso plurimo. L’agricoltura ha bisogno di acqua, occorre poterne fare provvista quando ce n’è in abbondanza per poterne disporre quando manca. Bene il finanziamento del piano irriguo nazionale dedicato al potenziamento del nostro sistema di gestione collettiva dell’acqua, ma occorre prestare attenzione in modo coordinato anche al resto degli agricoltori che si trovano al di fuori dei consorzi di irrigazione. L’agricoltura veneta guarda al risparmio idrico e all’efficienza idrica come fattori economici importanti. Complici gli investimenti resi disponibili dalla PAC, il sistema irriguo italiano è tra i più avanzati in Europa. Sicuramente occorrerà migliorare ancora, ma molti sforzi sono stati compiuti e molte tecnologie si stanno rendendo disponibili, comprese quelle che fanno uso di satelliti, di collegamenti agli smartphone e sistemi nell’infrarosso per misurare l’accrescimento delle colture. C’è poi l’agricoltura di precisione, i droni. Le tecnologie sono disponibili e renderanno sempre più possibile ed efficace il risparmio idrico in futuro».

Infine Passarini ha richiamato l’attenzione degli intervenuti su politiche di sostegno al reddito, sulla necessità di una semplificazione burocratica e sul superamento della logica emergenziale che oggi caratterizza la gestione della fauna selvatica. Quest’ultima questione, in particolare i cinghiali nell’area dei Colli Euganei e il lupo nell’area della Lessinia, va affrontata con una nuova ottica. «L’attività venatoria può avere un ruolo chiave nella risoluzione del problema ma, vista anche la carenza di operatori, è importante il coinvolgimento delle imprese agricole situate nelle aree particolarmente a rischio al fine di avviare percorsi di nascita di forze di intervento specializzate».

Assemblea1

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Assemblea2

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Assemblea3

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Assemblea4

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Lunedì, 19 Novembre 2018 14:34

IL PAESE CHE VOGLIAMO

IL PAESE CHE VOGLIAMO

territorio - infrastrutture - innovazione

Il momento economico attuale è molto delicato: veniamo da una crisi prolungata e ci stiamo avviando verso un futuro che prospetta grandi cambiamenti.

Temi come il consumo del suolo, la biodiversità, la sostenibilità, la gestione della fauna selvatica, i cambiamenti climatici e le politiche di filiera, dovranno essere affrontati con determinazione per preparare gli agricoltori al futuro che li aspetta nello scenario globale.

La CIA crede che un primo passo importante possa essere un confronto ed una condivisione di idee ed obiettivi, mettendo intorno ad un tavolo agricoltori, mondo universitario ed istituzioni politiche

Per questo VENERDI' 23 NOVEMBRE alle ore 10 presso Hotel Novotel l'assemblea della Cia del Veneto incontra i parlamentari veneti componenti delle Commissioni Agricoltura di Camera, Senato e Regione Veneto

Assograssi, Fiesa-Confesercenti, Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Uniceb hanno firmato oggi l’atto costitutivo con il quale hanno dato vita all’Associazione "O.I. Carni Bovine-OICB".

"O.I. Carni Bovine-OICB", costituita nell'interesse dell'intera filiera, ha tra i propri scopi la tutela e la difesa dell’immagine del settore dalle notizie false o tendenziose che spesso vengono diffuse e, al contempo, la promozione di una assunzione consapevole delle proteine animali e la valorizzazione della zootecnia per la tutela dei territori rurali dalla desertificazione.

La neocostituita "O.I. Carni Bovine-OICB" vuole in prima battuta ribadire, come emerso da recenti studi, che la carne, consumata all’interno di una sana e corretta dieta alimentare, permette di mantenere la salute, sviluppare le attività cerebrali, contribuire alla crescita scheletrica e dei muscoli e incrementare la fertilità.

Ad avviso dei costitutori, si tratta di un primo importante passo, da tempo atteso dagli operatori della filiera, per la creazione di una struttura centrale, indispensabile per le scelte che dovranno essere prese per lo sviluppo, l’innovazione e il commercio di questo settore strategico per l’agroalimentare italiano.

Il cuore operativo e propulsivo della neonata struttura sarà rappresentato dagli operatori, dal momento che lo statuto di "O.I. Carni Bovine-OICB" prevede la costituzione di appositi comitati di prodotto, il cui compito sarà quello di indicare le scelte e le linee di indirizzo per lo sviluppo del settore. Tali comitati, costituiti da operatori del settore in rappresentanza degli associati, si occuperanno delle questioni relative alla produzione e alla commercializzazione dei prodotti di riferimento, con particolare attenzione ai processi di internazionalizzazione per l’accesso ai nuovi mercati; in particolare esamineranno: accordi, procedure e regole comuni, con l’obiettivo di abbattere i costi e migliorare le caratteristiche merceologiche, la logistica e le procedure di transazione.

Proprio con lo scopo di rafforzare l’intento inclusivo della neocostituita "O.I. Carni Bovine-OICB", gli organismi che aderiranno saranno considerati, fino alla prima assemblea generale che si terrà entro il mese di febbraio, tra i soci promotori. L’obiettivo è far sì che "O.I. Carni Bovine-OICB" diventi la massima espressione del settore, fulcro del dialogo tra tutti i rappresentanti della filiera.

"Una protezione davvero efficace delle specie in via d’estinzione passa anche dalla risoluzione dei conflitti che queste ultime possono creare" E' così che Bruxelles  -come riportato anche da Repubblica.it- spiega e annuncia la decisione di alzare dall'80% al 100% i rimborsi per i danni prodotti ai greggi dai lupi.

Inoltre, fa sapere la Commissione europea, gli stanziamenti serviranno a coprire in modo totale, anche le difese preventive come recinti elettrici e cani da guardia e i costi indiretti come i veterinari per curare i capi feriti e il lavoro per riunire le greggi dopo un attacco.

L'operazione va a modificare così le linee guida dell’Unione europea per gli aiuti di Stato nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali 2014-2020

Sebbene non si abbia un dato certo, stando ai dati del Wwf, in Italia si contano circa 1.580 i lupi, presenti per lo più sugli Appennini e in Toscana. Il “Piano per la gestione e la conservazione del lupo” ad opera della Conferenza Stato-regioni è da tempo allo stallo.